martedì 9 ottobre 2012

Vadano in culo gli Zeppelin

E' accaduto. Dopo tre anni di ripensamenti, abbandoni, riprese, ho finalmente mandato affanculo Zeppelin e dintorni. Non l'ho fatto con cattiveria ma con la consapevolezza di chi, dopo aver masticato il cosiddetto "rock classico" per anni, non può passare il resto della sua vita a manipolare cadaveri. Ho conosciuto persone capaci di vivere, già avanti con gli anni, solo per il ricordo di quello che fu e coltivare questi frammenti di memoria come l'ambrosia degli dei immortali a coprire tutto il nuovo che si  presentava loro sotto il naso. Sono questi i nostalgici degli anni  '60, dei '70, degli '80. Non ho mai visto in loro un barlume di curiosità per il nuovo, per l'inatteso, ma sempre un continuo rifugiarsi negli assoli di Gilmour o nell'inno americano di Hendrix a Woodstock. Alcuni a fantasticare della vita "libera" degli hippie, altri a glorificare le pistole cariche di Cobain. Ho deciso: è stato bello ma ora basta. Metto nella cantina della memoria il vecchio e vado avanti. Lo devo fare perchè questo essere "fedeli ai classici" mi ha fatto perdere il treno dei chitarristi. Mi sono reso conto che il mio modo di suonare non è solo superato, è inadeguato. Oggi la tecnica si è molto sviluppata, non in termini di velocità o funambolismo, ma dal punto di vista della cura nello studio dello strumento. Ancorandomi al mestiere di chi suona da tanti anni, mi sono illuso di poter ricavare un posto speciale nella piccola cerchia dei musicisti locali ed ho dovuto constatare la mia incapacità di competere perfino con i quindicenni. Sono stati belli questi 32 anni passati con la chitarra, ma ho capito che posso avere solo un posto rigidamente definito nel settore, non posso pretendere di più. Penso che questo mio limite sia proprio colpa dell'attaccamento al "vecchio stile", un attaccamento ostinato e talvolta stupido. Non voglio più sentire parlare di "era meglio prima", non si può morire di nostalgia, almeno io no.

giovedì 9 febbraio 2012

Quello che non è stato

Sono riuscito, dopo vari tentativi, ad inziare un lungo lavoro di passaggio della musica che ho composto, dal mio vecchio multitracce Fostex x-28h, al cubase che ho installato sul computer. Il lavoro è molto lungo e la sequenza dei brani, va da fine 1987 fino alla settimana scorsa. Se si esclude il mio disco uscito nel 2007, tutti i brani sono inediti e raramente suonati dal vivo. Le prime realizzazioni le ho registrate utilizzando il metodo dei registratori " a cascata". La qualità sonora è terribile e sicuramente il riportarli in digitale non contribuirà alla loro rianimazione. Tuttavia questa operazione che è sempre risultata laboriosa e che è stata tentata negli anni, con molta faticosa e poca soddisfazione, potrà farmi capire quello che è stata la mia vita musicale in questo quarto di secolo. Ho sempre pensato alla chitarra come ad uno strumento per creare. La prima cosa che feci, la sera antecedente la prima lezione di chitarra della mia vita, avendo una chitarra prestata da un vicino, fu quella di registrare delle cose con un vecchio Hitachi mono, inventando delle sequenza su singole corde ( siamo nel dicembre del 1981). Durante i primi anni di studio, raramente mi capitava di passare il tempo suonando brani di autori conosciuti. Quello che mi interessava era inventare arpeggi, melodie, giri di accordi. Spesso mi veniva chiesto di portare la chitarra nelle feste tra ragazzi e a queste richieste opponevo un cortese rifiuto: non avrei saputo riprodurre alcun brano di Battisti, dei Pink Floyd o di De Andrè. Ho seguito l'iter contrario a quello dei chitarristi adolescenti: suonare per acchiappare. Ho iniziato a sviluppare la dimensione della chitarra come momento per dialogare con me stesso lasciando gli altri fuori. Così questi brani hanno rappresentato emozioni speranze, amarezze, tentativi, ricerche, progetti che hanno scritto la mia storia. Non mi importa se questa storia non mi ha visto diventare famoso, ma è la mia storia. Ora è il giudizio su me stesso quello che conta: ascoltare per capire cosa avrebbe potuto essere e non è stato. Non so se questo giudizio lo possa dare solo io; in ogni caso sto mettendo nero su bianco la quantità elefantiaca di brani di musica acustica, brani cantati, bozze di brani elettrici compiuti con testo ed arrangiamenti, brani nper spettacoli teatrali, interi albun fatti per scherzare con gli amici, registrazioni live irripetibili, registrazioni con band che mai più torneranno insieme e di band che non avrebbero mai pensato di tornare insieme. Quello che non è stato forse non lo capirò mai, ma quello che è stato è qui e lo sto ascoltando ora.

Come sopravvivere al ventennio senza scatenare una guerra mondiale

G li ultimi vent’anni sono stati quelli della famiglia, del fallimento della mia vita lavorativa, delle soddisfazioni sportive, degli in...