Sul boulevard, sfrecciano glutei di signorine con i pattini, mentre le alte palme, tagliate fino ai ciuffi, si piegano leggermente, alla leggera brezza dell'Oceano. Da lontano arriva l'odore dei wurstel sulla piastra di un furgoncino di hot dog. Tra il chiasso, i gelati, gente che corre, si sente il pizzicare ritmico di una chitarra acustica. Un vecchio, cappello di paglia, barba bianca, leggermente piegato sullo strumento intona la sua canzone. Ogni strofa viene descritta dalla sua testa che si alza, inclinandosi leggermente, lasciando scorgere gli occhi chiusi di un negro , dalle sopracciglia canute. Una unghia lunghissima, segna il ritmo sui bassi, mentre la voce gutturale, rauca, dolorante del vecchio riempie l'aria fino ad immobilizzare gli ascoltatori. Ci sono dei padri, che tengono i bambini davanti, come se quella musica fosse un taumaturgico elisir per qualche malattia infantile. La gente applaude. Il vecchio non vorrebbe tenere davanti ai suoi piedi quella cassetta, dove generosi gli spettatori gettano i loro dollari. Ma il vecchio deve mantenere la sua famiglia. Sa fare solo quello: suonare. Poco importa se a sera, con quei tramonti lunghi che non finiscono mai, quando la spiaggia si svuota, saluta il suo amico italiano, quello del camioncino degli hot dog, chiude la chitarra nella custodia e lento si avvia lontano dal mare, per tornare alla sua vecchia casa di legno con il giardino non curato. Arriveranno un giorno i soldi, forse ci vorranno anni e lui, aspetterà, per i "prossimi cento anni".
mercoledì 29 aprile 2009
mercoledì 22 aprile 2009
La vera dinamite del Sig. Marrone
Continuo a parlare di amici. Quelli veri. Ne ho pochi in carne ed ossa e ne ho alcuni, selezionati, nella musica. Un uomo che ha cambiato il modo di vedere la musica. Il vero eroe, dal basso ventre in giù. Ma la vita non è facile. Non sempre hai le stesse vibrazioni. Una volta mi improvvisai Dj. Era il periodo in cui andavano i Litfiba, quelli di El Diablo. Tutti volevano ballare questa monotona canzone, ammaliati dalla ruffianeria di un Pelù, il quale seriamente stava accumulando soldi per la pensione. In questa mega palestra, dove giovani adolescenti dalle ascelle putride, si dimenavano, manco fossero alla sagra dei tarantolati, tentai la missione impossibile della mia vita: Misi un Cd di James Brown con la sua Sex Machine. Credevo ci sarebbe stato il delirio, non ripetevo possibile altro, non credevo realizzabile, quello che subito i miei occhi videro: tutti si fermarono, senza tentare minimamente di lasciarsi trasportare dalla "canzone funk definitva". Era una scena ridicola. Nell'immobilità totale della folla, un unico scemo, cretino, ad occhi chiusi, si stava dimenando come Lenny Kravitz probabilmente ha fatto dietro il sedere della Kidman: ero io. Decine di paia di occhi mi fissavano con commiserazione, tra un sempre più potente mormorio generale. Mi fermai, per sempre. Per me, la stagione delle feste era finita. Avevo capito che nulla era stato capito. Guardai la palestra di teste ondeggianti al ritmo di Shaggy prontamente messo nel lettore e capii che nulla sarebbe stato come prima. Ora, non chiedete a me, cosa può riservare la vita agli sfortunati i quali non riescono a sentire la musica, non mi interesso di loro. Ma se siete convinti che il Sig. Marrone sia uno dei grandi pilastri della negritudine musicale, voglio consigliarvi di studiare la sua prima vita, quella di un bluesman, come pochi sulla terra. E' un disco comprato per caso e, come molte cose per caso, è stato uno dei più incredibili regali mi sia potuto fare. Auguri.
domenica 19 aprile 2009
L'amico mio più caro
Non mi importa se ci siamo incontrati quando sei morto. Sulla bordo della fontana a capo Piazza, a L'Aquila, io ragazzetto, sfogliavo l'ultimo Buscadero, come la santa reliquia. Era una giornata di marzo del 1984 e non so come mi trovassi là, forse un sabato pomeriggio, a far visita ai nonni, arrivando da Ortona. Lessi questo articolo, con qualche commento della buonanima di Guido Toffoletti e subitò capii che c'era qualcosa di diverso dalle menate da Rockstar di un Eric Clapton, in procinto di cavalcare gli 80 ed i 90 con la giacca nuova di Armani sulle spalle e una mano sul culo della Del Santo. Alexis Korner è morto a Capodanno in un ospedale di Londra, aveva 55 anni. Come mai nessuno mi aveva avvertito della presenza di questo individuo? Iniziai una ricerca vinilica che portò soddisfazioni nulle alla mia discoteca. Intanto si ammucchiavano sullo scaffale di casa robe del tipo John Mayall, Whitesnake, Rolling Stones, Led Zeppelin, Free, Small Faces. Non comprendevo: perchè non riuscivo a trovare niente di Korner? Lo dimenticai, citandolo solo in qualche discussione tra bluesofili, ma in realtà, nessuno di noi, sapeva un accidente di lui. Passarono gli anni e terminarono i tempi d'oro del collezionismo. Nel 1994, perso nelle enormità di un centro commerciale qualsiasi del pescarese, mi ritrovai a rovistare in quegli enormi cestoni dove vengono ammassati centinaia di cd in offerta in una sorta di babele dei generi, che farebbe rabbrividire uno Scaruffi. Tra un vecchietto che stringeva nelle mani il live in Molfetta di Reitano e la signora-bodrilla con la compilation "80vogliaDiscoParty", mi capitò uno di quei miracoli che non si avverano neanche nella vecchia Carnaby Street: un doppio cd Rosso/blu, denominato "Alexis Korner & Friends". Fu allora che dimenticai la mia compagna al bancone della verdura, per correre alla cassa e subito dopo all'auto, per godere dell'amico conosciuto e mai frequentato. Dopo un mese di ascolti continui, riuscì a capire chi era veramente Alexis Korner e cosa avevano in comune con lui tanti gruppi inglesi: aveva iniziato un giovane Robert Plant (operator), era amico di Richards e stava per sostituire Brian Jones (Jagger non volle), aveva incitato Mayall e farsi sotto con il blues, aveva lanciato un giovane Paul Rodgers (Free, Bad Company, Queen), suonava con Hodgkinson (Whitesnake) ed era amico di Steve Marriott (Small Faces, Humble Pie) era il vero padre del British Blues. Un grande anche da solo, con l'ausilio della chitarra acustica. Ascoltate "Spoonful" per voce e chitarra e capirete perchè si può prendere a sberle Zucchero quando dice di essere un bluesman.
lunedì 13 aprile 2009
Strani uccelli nel cielo inglese
Erano lì, ammucchiati nel vecchio armadio di zia, a L'Aquila. Anni fa, senza rimpianti, lei mi fece dono di qualche prezioso ricordo della sua swinging era. Sapeva che li avevo appena scoperti, comprando una raccolta a poco prezzo. Avevo tredici anni e nessuna voglia di ascoltare il pop plastificato da nugoli di tastierine, proposto dalle radio milanesi. Mi rifugiavo nelle visioni di un "Blow up" visto a tarda sera, tra i verdi prati di una Londra, dalle vernici fresche sui legni delle case e le luci delle cantine fumose, dove gruppi di capelloni, reinventavano i blues di Muddy Waters. Non pensavo avrebbero potuto resistere alle ingiurie dei tempi onnivori che viviamo. Così, quando ho visto Page e Beck accompagnare i Metallica durante la festa per la loro celebrazione nella Hall of Fame, ho sentito che quella "train kept a rollin",
in quella fumosa cantina, non era stata suonata invano.
in quella fumosa cantina, non era stata suonata invano.
lunedì 6 aprile 2009
venerdì 3 aprile 2009
Patto Anarchico tra gentiluomini
giovedì 2 aprile 2009
Stairway to the stars
Tempi da Blue Oyster Cult. Ho perso molto, da ragazzo, non interessandomi a questa "anomala" band americana. Ma forse non era ancora tempo. Mi ricordo un loro brano in un film che mi colpì molto: "heavy Metal". La trama non era granchè ed il film era interessante più per la colonna sonora, dato che era impossibile ascoltare musica del genere sui canali ufficiali, anche se c'era qualche pezzo dei Devo che metal proprio non, era. Poi acquistai un live che non mi piacque "Extraterrestrial live", quindi un dopo esame di maturità con un contraddittorio "Club Ninja", che aveva il sapore più di un disco AOR che altro. Infine ai giorni nostri. Cercavo da tempo una colonna sonora che potesse accompagnare la mia vita in quei tempi, strani, cupi, ricchi di cambiamenti. Tempi che stento a dividere in stagioni. Forse, quando ero più ragazzo, la primavera era carica di aspettative, sorprese, novità. C'erano altre colonne sonore, per anni che sembrava dovessero durare più del loro naturale decorso. Così le mie orecchie hanno sempre tenuto a bada la voglia di approfondire la discografia dei BOC. Come se sapessero cosa riservarmi per l'oggi che sto vivendo. Non è stato un gruppo superlativo quello di cui parlo. Ma ci sono sonorità che capitano al posto giusto nel momento giusto ( come per Lebowski). Questo è il momento.
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